“La via è smettere di immaginare di poter raggiungere la sostenibilità spostandosi sulla resilienza”. Questa è la sconcertante apertura del discorso alla conferenza dell’ARCOR (Associazione Rumena Club di Roma) di Dennis Meadows, uno scienziato che ha lavorato tutta la vita per la salvaguardia della Terra. Last Call è un documentario realizzato dal regista Enrico Cerasuolo nel 2013 e prodotto dalla casa di produzione torinese Zenit. Il film racconta le vicende del Club di Roma e del primo rapporto scientifico ambientalista lì commissionato The Limits to Growth, diventato subito un bestseller. Tramite numerose interviste agli ideatori e realizzatori del libro, il film ripercorre una storia di scontri e incontri nati intorno al libro, restituendo un resoconto, tra passato e presente, del rapporto tra l’uomo e la Terra. Il progetto Last Call parte per iniziativa del celebre climatologo Luca Mercalli, che nel 2007, in occasione dell’imminente cinquantenario dalla fondazione del Club di Roma, propone alla casa di produzione Zenit di realizzare un documentario sulla nascita del gruppo e sul famoso libro da loro realizzato nel 1972. Di qui inizia una fase di documentazione e studio per ricostruire una storia lunga quasi mezzo secolo, mai raccontata nella sua interezza. In parallelo parte la ricerca di finanziamenti, poi accordati, fra gli altri, da ZDF, Skofteland Film, ARTE e il Programma Media dell’UE. Le riprese si svolgono in diverse parti del mondo, seguendo i vari protagonisti nei loro interventi negli Stati Uniti e in Europa e raccogliendo materiale da archivi pubblici e privati di diversi paesi. Vengono poi realizzati alcuni teaser e il 22 aprile 2012 parte una campagna di crowdfunding per il finanziamento della post-produzione e della distribuzione del film.
Vincitore del premio La Casa di Domani alla 16° edizione del festival Cinemambiente di Torino e del premio Parco Colli Euganei all’Euganea Festival nel 2014, Last Call ha riscosso un notevole successo. I registi stanno ancora presentando il film in diversi festival internazionali, l’ultimo in ordine di tempo è il Life Science Film Festival di Praga, dove ha ottenuto il premio della Facoltà di Economia e Management. Prima di analizzare il film è tuttavia necessario fornire qualche informazione in più sui temi trattati. Il Club di Roma viene fondato nel 1968 da Aurelio Peccei, celebre (ma forse non abbastanza) imprenditore e innovatore torinese, con l’intento di creare uno spazio dove riunire le migliori menti di svariate discipline per discutere e trovare soluzioni ai problemi globali attuali. Nei primi anni ’70, il problema che il Club si trova ad affrontare è quello della sostenibilità di una società fondamentalmente basata su una crescita economica e demografica esponenziale. L’obiettivo era quello di fare un resoconto estensivo dei consumi della società post-industriale in rapporto alle risorse disponibili sulla Terra per capire se questo stile di vita potesse avere un futuro. La realizzazione di un rapporto scientifico che tenesse conto di tutte le variabili in gioco andava ben oltre le capacità di Peccei e degli attuali membri del Club di Roma e venne quindi commissionata, grazie all’intervento del genio informatico e inventore della dinamica dei sistemi J. Forrester, a un gruppo di giovani ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology). Utilizzando proprio la dinamica dei sistemi, questi scienziati crearono un modello informatico che simulava le numerose interazioni tra l’umanità e la Terra, dandogli il nome di World3. Il programma (utilizzabile in una versione per web sul sito www.world3simulator.org) utilizza dati statistici in ingresso riguardanti consumi, emissioni e dati demografici rapportandoli con le relative risorse e altri limiti presenti sulla Terra in modo da estrapolare una serie di possibili esiti. I risultati di queste simulazioni vengono analizzati e riportati nel rapporto giungendo all’inquietante conclusione che l’attuale stile di vita non risulta sostenibile e, a meno che non si adottino forme di prevenzione, i limiti delle risorse naturali verranno presto superati causando effetti distruttivi sulla popolazione e sull’intero ecosistema. Per gli scienziati la causa principale di questo processo è dovuta alla tendenza dell’uomo a privilegiare i problemi a breve termine, trascurando quelli, spesso più pregnanti, che riguardano il lungo termine.
Il messaggio di The Limits to Growth non era però catastrofico, così come verrà interpretato dalla maggior parte dei media (nel film si vedono addirittura alcuni Presidenti degli Stati Uniti ridicolizzare il libro, accusando gli autori di voler fermare la crescita dell’economia americana). Lungi dal voler scatenare il terrore, il messaggio che il libro voleva trasmettere era piuttosto un messaggio di speranza alimentato dalla convinzione che lavorando assieme si sarebbero potuti risolvere i problemi della Terra, un atteggiamento forse un po’ naïf che portò i giovani scienziati a dover subire la pressione sia dei media sia degli economisti mainstream. Il Club di Roma si impegnò ad aggiornare i dati del libro ogni 5 anni, la seconda edizione uscì nel 1992, qualche anno dopo la morte di Aurelio Peccei, con il nome The Limits to Growth: 20 year update. In questo testo gli autori, che nel frattempo avevano continuato a diffondere i risultati delle loro ricerche nel mondo, dichiarano che i limiti delle risorse terrestri sono stati superati rendendo impossibile una graduale stabilizzazione della situazione, che tenderà invece a peggiorare bruscamente con pesanti conseguenza per la popolazione mondiale. Solo nell’edizione del 2004 gli autori cominciano a lodare le scelte prese da alcuni uomini di potere, vedendole come l’inizio (seppur minimo) di un cambiamento orientato verso politiche più sostenibili. Come suggerisce il titolo, il documentario si propone come shout out alla società moderna, per dimostrare come i comportamenti adottati fino ad ora debbano cambiare radicalmente se si vuole mantenere uno stile di vita stabile e sostenibile. Il progetto è composto, oltre che dal film, anche da un blog e da una pagina Facebook, sui quali vengono pubblicati aggiornamenti e questioni pertinenti, favorendo (come nella scelta del crowdfunding) un’interazione con il pubblico. La descrizione del progetto su indiegogo (la piattaforma di crowdfunding) incita gli utenti a “cambiare il finale del film” cambiando il loro stile di vita e le loro abitudini, pensando a lungo termine piuttosto che al profitto immediato. L’intenzione è quindi quella di raggiungere un pubblico il più vasto possibile e questo ha portato gli autori a realizzare un documentario di stampo televisivo, con una narrazione lineare e semplice, basata sui tre elementi chiave della scuola BBC: educare, informare e divertire. Il documentario presenta una struttura standard: alle interviste agli autori segue la narrazione fuori campo che con voce pacata enuncia dati storici e statistici, accompagnata da un leitmotiv musicale e dall’utilizzo di grafiche esplicative. Il documentario, inoltre, esiste in due versioni: una da 52′ e una da 90′, in modo da rendere il prodotto ancora più appetibile alle esigenze e ai gusti di un pubblico variegato. Gli affascinanti esempi proposti da Dennis Meadows nel documentario, basati sull’esemplificazione di concetti complicati tramite l’uso di comportamenti pratici, sembrano riflettere la struttura stessa dell’opera, ricca di spiegazioni pratiche e dotata di una struttura molto lineare.
È interessante comprendere perché il messaggio di questi giovani scienziati, così semplice, logico e ben motivato, non sia stato recepito dalla società per oltre 30 anni, portandoli invece ad una forma di isolamento all’interno della comunità scientifica mondiale. Nel documentario vengono affrontati alcuni temi “scomodi” di cui spesso non si parla riguardo alle scelte economiche e politiche adottate nel mondo occidentale. Jorgen Randers, nel suo ultimo libro 2052: A Global Forecast for the Next Forty Years, mette in discussione alcuni principi basilari della società occidentale. Emergono dubbi riguardo all’adeguatezza di un sistema democratico in una situazione in cui sono necessari cambiamenti grossi e in breve tempo. Dopo l’uscita del libro, gli scienziati del MIT vennero approcciati da diverse figure politiche che mostrarono interesse nelle loro teorie, ma non le poterono adottare per timore di perdere il consenso popolare. Ancora una volta il modo di pensare a breve termine, piuttosto che ai vantaggi a lungo termine, è la causa di questo immobilismo. Sostenere forme di governo filo-oligarchiche non è una scelta popolare, ma è una possibilità da tenere in considerazione in una situazione ormai piuttosto delicata come quella in questione. L’autore, nello stesso libro, si chiede se il capitalismo sia adatto al compito e conclude che non lo è nella forma classica, in quanto il maggior profitto non deriva nell’immediato dall’investimento nel rinnovabile. Ciononostante una sua variante potrebbe esserlo, in quanto cambiando poco si potrebbe rendere il mercato del rinnovabile molto più redditizio. Il potere educativo del documentario è un aspetto molto importante per la casa di produzione realizzatrice, la Zenit. In questo film puntano su questi aspetti nella realizzazione e nell’impegno preso nel presentare il film a scuole o ad associazioni che si occupano di educazione nel mondo. Da questo punto di vista il documentario è sicuramente ben riuscito: nonostante il tema trattato non sia leggero, la visione non è impegnativa. Un aspetto molto importante per il regista del film era trasmettere positività e non realizzare un film deprimente o pessimista, cosa non affatto scontata considerando il tema. Nella parte del documentario che tratta le attualità ci sono esempi di possibili sbocchi positivi e dimostrazioni del fatto che livelli sostenibili possono essere facilmente raggiunti, come dice Jorgen Randers: “Basterebbe spostare dall’1% al 2% del totale della forza lavoro e del capitale in settori rinnovabili. Ed è facile, si può fare con le tecnologie esistenti”. Ciononostante, il film si concentra più sul raccontare le questioni attorno al Club di Roma piuttosto che offrire positivismo gratuito e la sezione dedicata alle alternative risulta un po’ debole e sovrastata dalla prima. Nel complesso Last Call risulta un film efficace e completo, non spinge i limiti del genere documentaristico, ma la scelta di utilizzare canoni classici è giustificata dal fine. La realizzazione risulta decisamente di alta qualità, rendendolo un prodotto molto appetibile ad un pubblico internazionale variegato e una degna rappresentazione del capolavoro che è The Limits to Growth.