“Il segreto” di cyop&kaf

Scritto da | Ottobre 1, 2014 | Redazione | Un Commento

Dietro la sigla cyop&kaf si cela un duo di street artists partenopei, i quali si sono finora espressi prevalentemente attraverso la realizzazione di graffiti coloratissimi che chiunque frequenti Napoli può avere occasione di trovare sui muri della città. Negli ultimi anni, il loro lavoro si è concentrato in modo particolare nei Quartieri Spagnoli, come testimonia anche il corposo volume del 2013 intitolato QS, che raccoglie moltissime immagini delle loro opere, con tanto di mappa ai quartieri, e alcuni testi firmati da Luca Rossomando e Riccardo Rosa. Il soggetto de Il segreto è attribuito proprio a Rossomando e, insieme al video di venticinque minuti Quore Spinato. Appunti visivi dai Quartieri Spagnoli, sempre del 2013, graffiti, fotografie, album e film sono parte di un progetto unico e di una frequentazione lunga e intensa delle strade e degli abitanti di quella zona di Napoli. Con Il segreto, che ha ottenuto una menzione speciale al concorso Italiana.doc del Torino Film Festival 2013 e ha vinto il premio per la migliore opera prima all’ultimo festival Cinéma du Reel di Parigi, cyop&kaf si sono fatti notare da un pubblico più ampio, fuori della Campania e anche oltre i confini italiani. A questo proposito, bisogna innanzi tutto rilevare come la ricezione del documentario sia estremamente variabile a seconda del tipo di pubblico che lo incontri, ed è interessante considerare soprattutto il caso di coloro che non siano informati del suo contenuto prima della visione.

cyop&kafL’esperienza vissuta dallo spettatore al quale accada di vedere Il segreto senza già conoscerne i dettagli della trama è infatti caratterizzata da una forte sensazione di spaesamento, provocato dall’assenza di ogni didascalia iniziale che contestualizzi ciò che il film mostra e acuito dalla mancanza di ogni marca convenzionale del genere documentario classico (nessuna voce narrante fuori campo, nessuna intervista diretta ai protagonisti, ecc.). Gli autori hanno infatti confezionato per lo spettatore un’esperienza immersiva nelle immagini e nei suoni della lingua napoletana parlata dalle bande di ragazzini protagonisti del film, facendo precedere l’inizio dell’opera da un’epigrafe alquanto misteriosa che riporta una frase tratta da Cosmopolis di Don DeLillo: “D’altra parte, come è possibile tradurre i suoni in parole?”. E la citazione continuerebbe, nel romanzo: “Sono due sistemi separati che cerchiamo di collegare con scarsi risultati”. L’assenza di coordinate prestabilite, l’epigrafe e le immagine successive di luci notturne accompagnate dalle voci concitate di alcuni dei personaggi suggeriscono allo spettatore, prima ancora che di seguire e di decifrare le azioni registrate dagli autori, di lasciarsi portare nel cuore dei Quartieri Spagnoli, identificabili grazie a qualche scritta che li nomina, di farsi trascinare dalle sonorità che li pervadono e che è stato inevitabile sottotitolare (anche se forse il non farlo sarebbe stato addirittura più coerente con l’operazione su descritta). Ciò nondimeno, chiunque segua Il segreto non avendo cognizione del soggetto del film è comunque costretto a interrogarsi a lungo durante la proiezione sul significato esatto di ciò che sta guardando, oltre che sul significato del titolo stesso: a quale scopo questi ragazzini perlustrano palmo a palmo i diversi quartieri della loro città per trovare alberi di Natale da portare nell’area dove un tempo sorgeva un palazzo oggi abbattuto? Perché questo luogo abbandonato è definito “il segreto” e gli alberi vanno tenuti nascosti alle altre bande, alle forze dell’ordine e ai proprietari dell’area?

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Il segretoSembra quindi opportuno segnalare al lettore quello che può definirsi a tutti gli effetti uno spoiler, se si considera il modo in cui il film è costruito, vale a dire la ragione ultima delle tante ricerche, discussioni, trattative, rimozioni e dei tanti trasporti di alberi trascinati a mano o dietro a un motorino da una parte all’altra della città che si ripetono sullo schermo per quasi novanta minuti. Trattasi, come spiega una didascalia subito prima dei titoli di coda, di un rito che in buona parte della Campania si svolge da lungo tempo nel giorno dedicato a Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio: il rito consiste nel celebrare la chiusura delle feste e contemporaneamente l’apertura del periodo che porta al Carnevale accendendo grandi fuochi nelle strade e nelle piazze dopo avere raccolto legna e vecchie suppellettili da bruciare con una questua che coinvolge tutta la comunità. In tempi più recenti, gli abeti dismessi una volta assolta la funzione di alberi di Natale sono diventati la materia prima di questi falò, e il documentario racconta come i ragazzini siano i protagonisti designati di questo rituale arcaico che assurge a cerimonia collettiva di passaggio (da una stagione a un’altra, da un’età a un’altra) e come un vecchio edificio abbandonato nel mezzo dei Quartieri Spagnoli abbia sostituito una piazza non più concessa ai cittadini in seguito a un grave incidente verificatosi proprio in occasione del falò di Sant’Antonio. Proseguendo queste note sulla ricezione de Il segreto, e sul possibile pubblico “ideale” per il cui sguardo è stato concepito, si potrebbe affermare che chi ne conosce il soggetto prima della visione corre il rischio di trovare il documentario lungo e alquanto ripetitivo. Ciò può capitare anche agli altri spettatori, qualora si concentrino esclusivamente sulle azioni dei personaggi senza considerare tutti gli aspetti di una rappresentazione audiovisiva che vuole esplorare e trasmettere quanto Giorgio Vasta in un libro non a caso intitolato Spaesamento (dedicato a Palermo) definiva “l’esperienza incomprensibile di un luogo”. In ogni caso, a ben guardare, ogni sequenza del film di cyop&kaf presenta elementi nuovi rispetto alle precedenti della caccia agli alberi o una diversa zona della città in cui essi vengono ricercati, testimoniando da un lato come per molte giornate (compresi talvolta le mattine e l’orario scolastico) questa sia una vera e propria ossessione per i ragazzi e facendo dall’altro crescere per accumulo le dimensioni e l’importanza del fenomeno che si scatena a Sant’Antonio nei vicoli di Napoli. Tale climax è destinato a culminare nella scena finale del grande rogo, la cui realizzazione è messa a repentaglio dagli interventi dell’autorità pubblica ma che infine ha luogo, accompagnata da musiche originali di Enzo Avitabile, in maniera tutto sommato repentina (così è il bruciare), al punto da far risultare i precedenti ottanta minuti quasi sproporzionati.

il_segreto_06-785x588Eppure, va ribadito che ciò che interessa agli autori è creare un’esperienza immersiva, ottenuta anche grazie alla camera sempre in movimento, a mano, imbracciata dall’operatore sui motorini in corsa già cavalcati da uno o due ragazzini, naturalmente senza casco, con alberi al seguito, cui si alternano alcune riprese dall’alto del così detto “segreto”. Una camera, che inevitabilmente condiziona i modi e le azioni dei soggetti che riprende, tanto più perché si tratta di ragazzini appartenenti a una cultura estroversa come quella napoletana, che vivono momenti di fortissima tensione ed entusiasmo. In questi casi è necessario conquistare la fiducia di chi si filma e conviverci il maggior tempo possibile per fargli raggiungere un certo grado di assuefazione alla camera, come dimostra (per converso) una scena in cui alcuni giovanissimi si accusano di stare facendo “sprecare cassette” all’operatore non decidendosi ad andare in gruppo in un quartiere abitato da rivali, un’azione davvero imprudente a causa delle guerre tra clan che coinvolgono le famiglie dei giovani protagonisti. La tensione che percorre molte delle sequenze del film, i cui personaggi agiscono su di un filo che oscilla continuamente dal divertimento all’eversione e all’infrazione della legge, nasce anche dall’avvertire la serietà del loro gioco e i pericoli che corrono nel corso delle loro scorribande. Pericoli molto diversi da quelli di cui sono vittima i bambini di molte regioni del Nord Italia, imprigionati in casa dalle paure dei genitori, che mai e poi mai li lascerebbero da soli all’aperto senza il controllo degli adulti. Ma quasi tutti gli adulti nominati nel film hanno o hanno avuto qualche problema con la legge o con i clan rivali, che loro, minorenni, si troveranno a fronteggiare di lì a qualche anno e a cui si addestrano proprio tramite la “guerra degli alberi”. Alla fine del film, dopo i titoli di coda, una cornice ulteriore con un estratto di un video del 1993 ci mostra quanti anni sono passati da quando lo sventramento ha lasciato vuoto l’isolato di città riconquistato dai bambini come spazio del loro deposito/fortino segreto. Con questa che è la vera conclusione del film, gli autori sembrano rivelare in modo ancora più esplicito che il loro interesse non era soltanto rivolto al rito arcaico che hanno raccontato ma anche, e forse soprattutto, all’esistenza attuale dei più giovani abitanti di una Napoli che pulsa di vita ma in cui non è facile trovare un proprio posto quando si passa dal gioco all’età adulta e quando lo stesso tessuto urbano porta i segni di un abbandono tangibile.

Riferimenti
www.cyopekaf.org

Claudio Panella

Scritto da Claudio Panella

Dottorato in Letterature e Culture Comparate, scrive per alcune riviste di settore e organizza attività culturali per conto di diverse associazioni.

Un Commento

  • Claudio Panella Claudio Panella ha detto:

    Per chi fosse a Napoli il prossimo weekend, Sabato 11 ottobre ore 10,30 e Domenica 12 ottobre ore 10,30 è prevista una visita guidata alla ricerca degli oltre 200 dipinti di cyop&kaf ai Quartieri Spagnoli.

    Info: facebook

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